di EMILIANO AMATO
Nella notte tra il 2 e il 3 marzo del 1944 il treno merci 8017 si fermò sotto la Galleria delle Armi, prima di giungere alla stazione di Balvano, in provincia di Potenza, a pochi metri dal confine con la Campania. Il carbone utilizzato non era delle migliori qualità: produceva molte scorie e pochissime calorie. Quella galleria, lunga quasi due chilometri, in salita, si trasformò in poco tempo in una camera a gas.
Più di 600 persone morirono avvelenate da monossido e biossido di carbone in quell’assurdo e incredibile incidente ferroviario, il più grave di tutti i tempi. Un vero e proprio Titanic su binari. Solo che, a differenza del Titanic, questa tragedia – con molti responsabili e nessun colpevole – è stata ignorata.
Quei viaggiatori, partiti alle 19.00 del 2 marzo a bordo del convoglio dalla stazione di Battipaglia e diretti a Potenza, erano prevalentemente cittadini comuni, provenienti da una fascia urbana che si estendeva dal napoletano alla piana del Sele, tanta gente anche della Costiera Amalfitana, persone che si adattavano a viaggiare stipati in vagoni merci per andare a Potenza a procurarsi da mangiare, a barattare pochi averi in cambio di cibo, ormai introvabile, per le proprie famiglie. Perché in Lucania si poteva sperare di trovare cibo a prezzo ragionevoli e non a borsa nera, per quelle persone che vivevano nella miseria prodotta da una lunga e tormentata guerra, passate però alla storia come contrabbandieri e delinquenti da dimenticare presto.
Da qui il silenzio che è piombato sulla tragica vicenda, su quello che ha rappresentato un lacerante dolore solo privato, mentre questi morti a pieno titolo si possono e si devono considerare vittime civili di una guerra non ancora finita e come tali meritano il giusto tributo della memoria.
Centinaia di famiglie dal marzo 1944 attendono ancora verità, spiegazioni e un risarcimento morale. Per la morte dei loro cari che, per sfamare le famiglie, si arrischiavano in viaggi disperati. Una tragedia affogata tra indagini sbrigative, censura militare e ragion di stato. Totalmente ignorata.