19 marzo, festa del Papà. Celebrata dal 1968, in concomitanza con la festività di San Giuseppe, il padre putativo di Gesù, modello del padre e del marito devoto che nella tradizione popolare, oltre a proteggere i poveri, gli orfani e le ragazze nubili, in virtù della sua professione è anche il protettore dei falegnami.
Nell’onomastica italiana e mondiale Giuseppe è uno dei nomi più comuni; nelle grandi famiglie meridionali, in particolare, c’è sempre uno o più Giuseppe con i diminutivi di Peppe, Pinuccio, Geppino, Peppino, Pino. Frequente è anche il suo corrispettivo al femminile: Giuseppa, Giuseppina, Pinuccia, Pina, Giusy.
La ricorrenza del 19 marzo nacque come festa nazionale, ma in seguito fu abrogata, anche se continua ad essere un’occasione per le famiglie – sopratutto per i bambini – di solennizzare il diletto babbo.
Al giorno d’oggi è di moda la figura dell’uomo “mammo”, con i padri che si occupano della cura dei bambini, affrontando numerose responsabilità insieme con le madri. Spesso, però, il grande dono della paternità (una carriera che viene imposta senza alcuna verifica delle proprie reali capacità) non è per tutti, ma in questo giorno non esistono differenze, tutti i papà vengono festeggiati, anche quelli meno ‘esperti’, e ricevono regali o pensierini da parte dei propri figlioli.
La tradizione gastronomica nostrana prevede la preparazione dalle zeppole di San Giuseppe, ciambelle di pasta choux guarnite con un ciuffo di crema pasticciera e un’amarena.