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I sogni dei bambini

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di padre ENZO FORTUNATO (per La Stampa)

Che cosa sognano i bambini? Secondo un recente sondaggio Ispos: viaggiare, avere un animale, volare. Sognano un giorno di diventare un dottore, un calciatore, uno scienziato, un veterinario. Se potessero si trasformerebbero in un cane, in un gatto, in un delfino, in una sirenza. La notte sognano di esplorare nuovi mondi, di incontrare animali fantastici, ma soprattutto di passare momenti speciali con la propria famiglia. Proprio la richiesta di trascorrere più tempo con la famiglia rappresenta l’sos che era già arrivato al cuore di Papa Francesco e giunge oggi a tutti noi. Non posso trascurare alcuni segnali spia a cui prestare la doverosa attenzione. Mamme che allattano con il tablet, genitori pronti a soddisfare le loro richieste commerciali dei loro figli ma non ad ascoltarli.

Marco Impagliazzo ha ricordato come questi siano i tempi dell’«evaporazione del padre». Ecco perché il Papa ci invita non solo a prestare ascolto ai bambini ma si spinge oltre: ci chiede di imparare dai bambini. Verrà da chiedersi che cosa dobbiamo imparare dai bambini. Nessuno racconta che in media i bambini salutano 41 volte al giorno mentre gli adulti soltanto 7. Inoltre sono loro a porre domande, qualità che distingue l’uomo colto dal saccente. Questa fiducia accordatagli del Pontefice è ricambiata dai più piccoli: quasi tutti lo conoscono e lo trovano simpatico; lo apprezzano perché fa sempre del bene o sono incuriositi da quello che fa. Dati questi che si allineano con il 64% degli italiani che riconosce nel Papa un’autorità morale. D’altra parte, Papa Francesco ha sempre valorizzato i sogni dei più giovani, soprattutto in antitesi alla disillusione e al cinismo crescenti. Lo ha ricordato in questi giorni il cardinale José Tolentino de Mendonça nel presentare la grande giornata prevista domani 6 novembre a San Pietro, dove 8700 bambini arriveranno da 84 Paesi in rappresentanza dei cinque continenti. Il cardinale ha ripreso le parole ripetute diverse volte dal Papa in cui sottolinea che i sogni, in particolare quelli dei più giovani, sono importanti perchè tengono largo il nostro sguardo e che il compito di noi adulti è trasformare quei sogni in realtà. E quale sogno più grande della pace? I conflitti e le guerre richiedono da tutti noi questo coraggio, il coraggio di sognare la pace e di conquistare la pace. E chi più dei bambini può insegnarci questo coraggio? Le guerre in corso, purtroppo, non risparmiano neppure loro.

Secondo le stime dell’UNICEF, alla fine dello scorso anno, è stato raggiunto un numero record di 43,3 milioni di bambini in condizioni di sfollamento forzato, molti dei quali per tutta la loro infanzia. Chi ha un po’ di umanità non può non leggere questi numeri come un pugno allo stomaco che fa mancare il respiro. Eppura bisogna reagire. L’iniziativa “Imparare dai bambini e dalle bambine”, assume proprio per questo una portata simbolica e un’urgenza indifferibile. Patrocinato dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione, l’evento nasce da una profonda sinergia tra Comunità di Sant’Egidio, Cooperativa Auxilium, Trenitalia e Busitalia, Uffici Scolastici Regionali e con il sostegno del mondo francescano, della Fondazione PerugiAssisi e della Federazione Italiana Giuoco Calcio e con la partnership di Vatican News e della Rai che attraverso il Tg1 curerà la lunga diretta. Tutti convinti della necessità di rilanciare i valori dell’infanzia, improntata alla «limpidezza delle relazioni, all’accoglienza spontanea di chi è forestiero e al rispetto per tutto il Creato». Sono le parole con cui il Papa annunciava la giornata dinanzi a 5 bambini: Pamela (7 anni, Siria), Seraphim (7 anni, dell’Ucraina), Alessio, (10 anni, Benin), Alejandro (7 anni, Guatemala), Tomas (9 anni, Australia). E domani saranno loro che a nome di tutti saluteranno gli altri, che saranno incoraggiati a esprimere le proprie idee, a condividere la loro visione del futuro e a fare domande. Nell’ora più buia il Santo Padre ci dona uno spiraglio di luce: che l’uomo possa l’uomo portare a compimento la promessa del bambino che è stato.

Nella foto padre Fortunato in un asilo durante la sua ultima missione in Ucraina

redazione
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