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Il fortilizio di Fratta a Ravello: un esempio di intervento strategico-difensivo del Regno normanno

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di GIUSEPPE GARGANO

Il Monte Brusara è una collina di forma rotondeggiante situata alle spalle dell’abitato della città di Ravello. Essa è lambita sul lato occidentale dal corso del Dragone, che, attraversata la città di Atrani, trova sbocco nel mare; sul versante orientale le sue pendici degradano con andatura a volte ripida a volte dolce verso il fiume Reginna Minor.

La superficie tonda di quel colle fu scelta dagli strateghi di Ruggero II di Sicilia per la realizzazione di un sistema fortificato all’indomani della sua conquista del ducato di Amalfi, che avvenne con la presa di Ravello, dopo aver espugnato la roccaforte detta Turris Magna (oggi Belvedere) il 17 febbraio del 1131. La nuova fortificazione assumeva l’attributo di Fratta, associato sempre a luogo disboscato prospiciente le strutture di difesa. Il fortilizio entrava in diretto collegamento, mediante una lunga muraglia che passava sul fiume Dragone e saliva attraverso lo Scalandrone, allora detto Infratta, con il castello di Scala Maggiore.

Questo nuovo sistema difensivo andava ad aggiungersi, per la protezione delle città di Ravello e Scala, ai più antichi castelli di Montalto, nel territorio di Tramonti confinante con quello ravellese, di Sopramonte e di Scalella nel versante meridionale.

La costruzione del fortilizio di Fratta sul Monte Brusara tra il 1131 e il 1135 è testimoniata dalla coeva fonte di Alessandro abate di Telese. Questi, insieme al cronista pisano Berardo Maragone, descrive anche la prodigiosa resistenza del sistema Scala Maggiore – Fratta, che permise il sopraggiungere dei 7000 uomini del re Ruggero da Aversa e la conseguente sonora sconfitta dei militi pisani, i quali furono schiacciati tra la barriera muraria delle fortificazioni e le truppe normanne.

La fortezza di Fratta fu restaurata ai tempi di Federico II; in quell’epoca essa era comandata da un apposito castellano.

La città di Ravello fu poi sottoposta ad un totale rifacimento per quanto riguarda le sue strutture difensive nel periodo della Guerra del Vespro (1282-1302).

Così nel 1286 furono rinforzate le mura occidentali, che proteggevano la piazza principale (Platea S. Adiutorii, oggi Piazza Fontana); queste mura passavano al di sotto di S. Angelo dell’Ospedale e si chiudevano presso il palazzo de Marra. Sei anni dopo furono costruite o riparate alcune torri della cinta muraria, tra cui la vecchia Turris Magna.

Il progetto angioino di ristrutturazione del sistema difensivo di Ravello prevedeva pure la costruzione di un barbacane (contrafforte a volte di lamie inarcate dentro le muraglie) presso la Turris Nova supra Fractas, la quale faceva parte della fortificazione realizzata da Ruggero II e restaurata dagli svevi. Questo barbacane avrebbe congiunto altre due torri, i cui resti dimostrano tuttora la loro edificazione di età sveva; in mezzo ad esse si apriva la porta settentrionale della struttura difensiva, che, pertanto, chiudendo il passaggio verso la città, doveva essere considerata come un’ulteriore porta urbica, l’estrema sul lato nord.

Dall’analisi delle fonti documentarie di epoca angioina dell’ultimo quarto del XIII secolo risulta che la fortificazione di Fratta era formata da tre torri collegate da muraglie: due antiche ed una nuova. Inoltre, nel suo ambito vi era anche un baglio, cioè un baluardo terrazzato. Le pareti esterne di una di tali torri furono riparate, al fine di impedire l’infiltrazione di acqua, la quale faceva marcire i biscotti di grano germano, vettovaglia per i soldati di stanza ivi conservata.

Dalla fortificazione di Fratta sarebbe partito, secondo il progetto di potenziamento e di restuaro militare angioino, un lungo muro di cinta alto 3 metri che, rinforzato qua e là con guardiole e passando sulla sommità del pianoro rialzato sul quale sorge Ravello, sarebbe giunto fino alla porta di San Martino, collocata accanto alla chiesa parrocchiale omonima, inglobando in tal modo il nuovo rione di San Martino, configuratosi in quel tempo come sviluppo extramoenia del primitivo quartiere del Lacco.

Dalla parte meridionale si sarebbe, quindi, realizzato un altro muro di cinta che, partendo dalla torre dell’ex-castello di Sopramonte (oggi torre di Civita), si sarebbe spinto fin sotto l’altura di Cimbrone, dove sarebbero state fabbricate altre due torri.

Così, alla fine del Duecento, avveniva la massima espansione urbana di Ravello, le cui mura collegavano, con qualche soluzione di continuità dovuta all’asperità delle rocce, le due fortificazioni diametralmente opposte della città: Fratta – Sopramonte.

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