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Il martirio di San Pantaleone: chi era “l’empio Massimiano” che lo mise a morte?

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di DONATO SARNO

Ravello si sta preparando a celebrare con la dovuta solennità (e, finalmente, dopo un’interruzione di due anni cagionata dal COVID 19, anche con la tradizionale processione) il Santo Patrono Pantaleone, la cui festa cade il 27 luglio. Fu infatti in quel giorno, nel 305, che il Santo subì il martirio a Nicomedia, città dell’allora Bitinia (oggi Izmit in Turchia), a motivo della fede cristiana da lui professata pubblicamente senza timori e compromessi.

Nelle biografie di San Pantaleone si narra che egli fu portato innanzi all’imperatore del tempo, a nome Massimiano, di cui era stato apprezzato medico; l’imperatore, convinto pagano e fiero persecutore dei Cristiani a fronte del rifiuto di Pantaleone di rinnegare Gesù e sacrificare agli dèi, ordinò che fosse condannato a morte tra atroci supplizi. Ma chi era esattamente questo imperatore, che le antiche cronache chiamano spesso “l’empio Massimiano”?

Coloro che studiano la storia antica (e che, purtroppo, oggi stanno diventando sempre più pochi!) ricordano un imperatore romano, chiamato Massimiano, vissuto tra il 250 circa e il 310, il quale regnò dal 286 al 305. Egli però, pur essendo contemporaneo di San Pantaleone, sicuramente mai lo incontrò e mai lo processò e ciò per due evidenti ed inconfutabili ragioni. In primo luogo Massimiano era imperatore solo per la parte occidentale dell’impero romano, che aveva Milano per sua capitale, mentre San Pantaleone si trovava a Nicomedia, ossia nella capitale della parte orientale dell’impero; in questa ultima parte Massimiano non aveva giuridicamente alcun potere e quindi non era in condizione di esercitare alcuna funzione, in quanto essa era governata da un altro imperatore. Inoltre, quando San Pantaleone subì il processo ed il martirio, Massimiano non era nemmeno più imperatore, giacché qualche mese prima (con esattezza il 1° maggio del 305) si era dimesso dalla carica insieme a Diocleziano, cioè all’altro imperatore che fino a quel momento aveva governato la parte orientale dell’impero. Pertanto quelli che affermano che San Pantaleone fu martirizzato dal suddetto Massimiano o, addirittura, ponendosi contro le antiche biografie, da Diocleziano commettono un grande errore storico. Come allora si spiega il riferimento delle antiche biografie a Massimiano? Sono esse errate ed inattendibili storicamente? In realtà le antiche cronache non sbagliano, in quanto, allorché parlano dell’imperatore Massimiano, si riferiscono non al Massimiano di cui si è detto sopra, ma ad un altro imperatore, suo coetaneo, che è comunemente conosciuto col nome di Galerio, ma il cui nome esatto in realtà è Caio Galerio Valerio Massimiano. Questi, infatti, successe subito dopo il 1° maggio del 305 a Diocleziano e divenne imperatore della parte orientale dell’impero romano, la cui capitale era appunto Nicomedia: ed è quindi innanzi a lui, in quel periodo effettivamente in carica e presente a Nicomedia, che San Pantaleone fu processato e messo a morte il 27 luglio del 305.

Invero già negli anni immediatamente precedenti Galerio Massimiano aveva ricoperto un ruolo importante a Nicomedia, avendo strettamente collaborato con Diocleziano nella prestigiosa veste di suo Cesare. Diocleziano, consapevole delle difficoltà per una sola persona di reggere un impero così vasto, aveva creato un sistema di governo, detto tetrarchia: dopo aver diviso in due parti l’impero, ne affidò la parte occidentale a Massimiano e mantenne per sé quella orientale; i due imperatori, definiti Augusti, dovevano però ciascuno avere un proprio collaboratore, detto Cesare. Massimiano aveva scelto per la parte occidentale come suo Cesare Costanzo Cloro, padre del futuro imperatore Costantino, mentre Diocleziano aveva scelto Galerio Massimiano come suo Cesare per la parte orientale. Quando i due imperatori si dimisero il 1° maggio del 305, ad essi subentrarono automaticamente come imperatori i due loro Cesari: Costanzo Cloro divenne imperatore per la parte occidentale e Galerio Massimiano per la parte orientale, provvedendo quindi ciascuno di loro a nominare un nuovo proprio collaboratore col titolo di Cesare.

Sia prima da semplice Cesare che poi da imperatore, Galerio Massimiano si mostrò fieramente nemico dei Cristiani, addirittura in maniera ancora più dura di quanto aveva fatto Diocleziano, di cui era anche genero, scatenando contro di loro persecuzioni violente e sanguinarie e mostrandosi inflessibile verso tutti coloro che non rispettavano l’obbligo di sacrificare agli dèi. Tra i molti Cristiani che, pur di non rinnegare il loro credo religioso, preferirono morire anziché eseguire i voleri dell’imperatore, vi fu San Pantaleone. Galerio

Massimiano, anche dopo la morte di San Pantaleone, continuò nella parte orientale dell’impero ad incrudelire contro i Cristiani con altre atroci persecuzioni. Non sapeva peraltro che una fine altrettanto atroce si stava per lui avvicinando. Egli infatti venne d’un tratto colpito da una tremenda malattia: lo scrittore cristiano Lattanzio, nella sua opera De mortibus persecutorum scrive che “percussit eum Deus insanabili plaga” (Iddio lo colpì con una piaga incurabile), in quanto “nascitur ei ulcus malum in inferiore parte genitalium” (gli si manifestò un’ulcera maligna nella parte inferiore dei genitali), che si diffuse sempre più largamente. Il male (potrebbe forse trattarsi di tumore alla prostata), malgrado il ricorso ai migliori medici del tempo, aumentò sempre più, al punto che l’imperatore, pensando che questa malattia gli fosse stata inflitta in pena delle persecuzioni da lui ordinate contro i Cristiani, terrorizzato tentò di procurarsi l’aiuto del loro dio promulgando, il 30 aprile del 311, un editto che concedeva ad essi libertà d culto, chiedendo in cambio che essi pregassero per la sua salute. Si trattò di un tentativo di favorire un sincretismo religioso, ossia di far fondere il cristianesimo con le altre fedi, considerandole tutte equivalenti, ma il tentativo era destinato a fallire, in quanto i Cristiani di allora (diversamente da molti Cristiani di oggi!) aborrivano ogni forma di sincretismo, ritenuto incompatibile col carattere esclusivista del loro credo. Dopo comunque appena cinque giorni, il 5 maggio del 311, Galerio Massimiano morì poco più che sessantenne: scrive Lattanzio che egli, malgrado l’editto, “nec tamen hoc facto veniam sceleris accepit a Deo, sed post dies paucos … horrenda tabe consumptus est” (né tuttavia per questo fatto ricevette da Dio il perdono del delitto, ma dopo pochi giorni … soccombette all’orrenda putrefazione), col corpo reso puzzolente e già divorato dai vermi, mentre ancora era in vita. Secondo il progetto di Diocleziano e Galerio Massimiano, il Cristianesimo sarebbe dovuto scomparire per effetto delle persecuzioni; invece la fermezza di San Pantaleone e di tanti altri martiri, che non cedettero a facili compromessi con il mondo, ma che, con la parola, l’esempio ed il loro sangue, del mondo furono luce e sale, fece sì che dopo non molti anni, prima con Costantino e poi, definitivamente, con Teodosio, il Cristianesimo trionfasse vittorioso sul paganesimo. Oggi il Cristianesimo è di nuovo fortemente minacciato, in maniera più subdola delle persecuzioni di un tempo, da un neopaganesimo che avanza e progredisce minaccioso, non solo dal suo esterno, ma anche dal suo interno, e che sembra destinato ad avere il sopravvento, tanto da far parlare a molti già ora di società postcristiana: se peraltro i Cristiani torneranno alla fermezza di San Pantaleone e degli antichi martiri, ancora una volta il Cristianesimo potrà risplendere vittorioso.

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