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La fondazione della Confraternita della Beata Vergine del Monte Carmelo di Ravello nel 1679

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di SALVATORE AMATO

Nel 1695, il vescovo della diocesi di Ravello-Scala, Luigi Capuano, e il capitolo della cattedrale ravellese, giungevano a convenzione con la confraternita della Beata Vergine del Monte Carmelo, rappresentata dal priore Giuseppe Ippolito, sull’accompagnamento funebre e le celebrazioni di suffragio. Nell’atto, stipulato dal notaio Domenico Antonio Di Palma, venivano inserite le copie degli atti di fondazione del sodalizio, i cui originali erano un tempo conservati nell’archivio della confraternita e in quello della curia vescovile.

Da tale documentazione siamo informati sulle circostanze che portarono all’istituzione della confraternita, a partire dal memoriale presentato da 64 cittadini ravellesi al vescovo Giuseppe Saggese nel 1679.

Nella supplica i richiedenti annunciavano di aver costituito «una nuova congregatione seu confraternita» da impiantarsi nella chiesa cattedrale, «sotto il titolo et auspicio della Beata Vergine del Carmine», al fine di compiere «tutti quelli esercitii spirituali» contenuti negli statuti, predisposti dal prefetto del sodalizio.

L’8 settembre 1679, dal palazzo vescovile di Ravello, il vescovo Saggese accolse benevolmente la richiesta dei cittadini ravellesi, concedendo alla nuova istituzione come sede l’utilizzo della cripta della cattedrale, con facoltà ai confratelli di riunirsi quando lo ritenessero opportuno.

Il sodalizio era contestualmente vincolato ad assolvere ad alcuni obblighi: gli officiali dovevano prestare formale obbedienza al presule pro-tempore, conservando memoria di tale atto sia nelle conclusioni della congregazione che nell’archivio della curia.

I conti dell’amministrazione dovevano essere approvati dall’Ordinario, che nominava i relativi revisori.

In segno di sottomissione al vescovo cittadino, il 16 luglio di ogni anno, i rappresentanti del sodalizio avrebbero dovuto presentare una candela bianca del peso di una libbra, mentre per l’atto di pubblica obbedienza da prestarsi il 15 agosto di ogni anno dovevano presentare all’Ordinario un mazzo di fiori.

Infine, il vescovo Saggese concedeva che al momento della sepoltura di un associato alla Confraternita bisognava utilizzare due modi diversi per il suono delle campane perché tutti sapessero se era morto un confratello o una consorella.

Si completava, così, l’istituzione della Confraternita della Beata Vergine del Carmine di Ravello, che pur nei limiti sempre presenti in ogni esperienza umana, ha costituito per più di tre secoli un elemento non da poco dell’impegno laicale nella vita sociale e religiosa di Ravello.

redazione
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