La riscoperta di un patrimonio e l’impegno a custodirlo nel tempo.
A Minori sono stati presentati, venerdì scorso, gli interventi di recupero e restauro dell’antico organo a canne della chiesa dell’Arciconfraternita del Ss. Sacramento. Si tratta dell’antico istituto prospiciente la Basilica di Santa Trofimena, custode dei plurisecolari canti dei Battenti e dei suggestivi riti della Settimana Santa.
Gli interventi, avviati nel marzo del 2020, con l’inizio dell’emergenza pandemica, e terminati nel marzo scorso, hanno riguardato il restauro conservativo della settecentesca cantoria e il ripristino dell’organo a canne, un positivo di scuola napoletana ascrivibile al XVIII secolo, che versava in situazioni particolarmente critiche.
Un progetto unitario, realizzato dal Laboratorio “Fratelli Carrara” di Rumo, in Val di Non, e dalla “Ruggiero Restauri” di Castel San Giorgio, reso possibile grazie alla cospicua donazione di privati cittadini e al contributo messo a disposizione dalla C.E.I. con i fondi dell’8xmille, coordinato sinergicamente dall’Ufficio per i Beni culturali ecclesiastici dell’Arcidiocesi di Amalfi-Cava de’ Tirreni e dall’Arciconfraternita.
L’organo versava in situazioni particolarmente critiche dopo alcuni azzardati interventi cui era stato sottoposto nella seconda metà del secolo scorso: il lavoro del maestro Giorgio Carrara, supportato dai suoi figlioli ben avviati alla professione, è stato caratterizzato principalmente dal recupero di tutte le parti originarie dello strumento, come il somiere, i ventilabri, gran parte delle canne in stagno e in legno, e la sostituzione delle parti ammalorate o posticce, quali diverse porzioni di canne antiche, i mantici (dotati anche di sistema manuale), il motore di elettro-ventilazione, la tastiera – ricostruita in bosso ed ebano sul modello napoletano del telaio originario – e l’usignolo a tre canne: un singolare accessorio – parte integrante di molti organi coevi – che, per il tramite di un peculiare meccanismo – permetteva alle canne, immerse per qualche millimetro nell’acqua, di riprodurre il verso del nobile uccellino. L’intero intervento è stato condotto con criteri strettamente filologici ed ha restituito allo strumento l’originaria meccanica e sonorità.
Alla restauratrice Adele Ruggiero è toccato, invece, riportare alla luce, dopo circa due secoli, l’originario splendore della seicentesca balaustra in legno di pioppo – in tutta probabilità coeva con la fondazione della Confraternita – rivestita, a partire dall’Ottocento e fino ai giorni nostri, da ben quattro strati di vernici bianche e fregi dorati di scarso valore. L’intervento ha restituito le originali cromie che vanno dal verde del fondo all’oro delle squisite decorazioni – costituite da serti fitoformi e ghirlande – e delle cornici. Emersi inoltre un pregevolissimo Ostensorio nel medaglione centrale – in cui era stato affisso un pesante stemma riproponente i motivi di quello civico – e l’effige del Pio Pellicano. Non di minore interesse è stato il restauro della cassa armonica dell’organo – finemente decorata a motivi floreali – che ha permesso di notare uno degli ampliamenti ottocenteschi del pregevole strumento, su cui hanno messo mano con certezza – perché testimoniato dalle firme rinvenute all’interno dello strumento – un tal Giovanni Galassi, di cui scarse tracce si riscontrano in letteratura, e i più noti Antonio Ragone e Francesco Venditti.
Sono emersi inoltre un pregevolissimo Ostensorio nel medaglione centrale – in cui era stato affisso un pesante stemma riproponente i motivi di quello civico – e l’effige del Pio Pellicano.
La cerimonia di presentazione ha visto la partecipazione di monsignor Vincenzo De Gregorio, preside emerito del Pontificio Istituto di Musica Sacra e di Don Pasquale Imperati, direttore dell’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici della Diocesi di Amalfi – Cava de’ Tirreni, oltre ai maestri restauratori.
Il professor Francesco Criscuolo, tra i promotori dell’iniziativa, introducendo gli interventi dopo gli indirizzi di saluto rivolti dal priore Franco Mancieri, dal parroco Don Ennio Paolillo e dal delegato diocesano per le Confraternite, Don Andrea Alfieri, ha illustrato le ragioni etiche e civili dell’azione di recupero, con un particolare rilievo dato al fatto che «rassegnarsi passivamente al decadimento ed al depauperamento di pregi artistico-religiosi plurisecolari integrerebbe una fattispecie di violazione di un’ obligatio naturalis, anzi segnerebbe una sconfitta della storia e della civiltà di un intero paese».
Monsignor De Gregorio, con un’esposizione sintetica, ma ad ampio spettro, si è soffermato sugli alti esempi di sensibilità civica e di carità cristiana offerti, sin dal Duecento, dai raggruppamenti laicali facenti capo alle Congreghe con gli istituti per l’infanzia abbandonata, con la fondazione di ospedali e l’assistenza agli infermi, con i primi equi prestiti bancari, con i conservatori musicali, dove si apprendeva soprattutto il suono degli organi. Ha sottolineato, tra l’altro, con una metafora scintillante, che «l’organo sta agli altri strumenti musicali come il motore a scoppio sta a un carretto trainato da un cavallo».
Nei loro interventi, Carrara e Ruggiero hanno messo in risalto, attraverso opportune slide, le varie fasi dei complessi interventi.
Coerente conclusione è stata quella dell’architetto Don Pasquale Imperati, il quale, con la chiarezza che gli è consueta, ha posto l’accento sull’importanza della sana conservazione delle opere d’arte intimamente connesse con la sobria bellezza dell’azione liturgica e con le più estese potenzialità di sviluppo culturale del territorio.
La riscoperta delle originarie sonorità del pregevole strumento è stata affidata agli intermezzi musicali curati con zelo filologico da Candido Del Pizzo, musicista, direttore di coro e compositore, e da Francesco Reale, animatori – il primo da oltre trent’anni, il secondo da un periodo relativamente recente – delle liturgie officiate in Arciconfraternita. L’efficace esecuzione di brani di Frescobaldi e Zipoli, tratti dai Fiori musicali e dalle Sonate d’intavolatura per organo e cimbalo, hanno conferito un tocco di particolare vibrazione del cuore, permettendo ai presenti – grazie alla riproposizione di temi e armonie peculiari della musica barocca – un ideale viaggio temporale nella Roma del Sei-Settecento.
Un momento, questo, destinato a rimanere nella storia civile e religiosa di Minori, lasciata a imperitura memoria attraverso la lapide dalle iscrizioni latine all’interno della chiesa.