di NOVELLA NICODEMI
Quel pollice alzato che è diventato signore e tiranno di molti millennials.
Se quel like arriva, l’umore cambia.
Se mi mettono tanti like, valgo. Se ho pochi followers, c’è qualcosa che non va in me.
Questo il pericoloso meccanismo che sempre più spesso si innesta automaticamente in molte giovani menti a causa delle dinamiche intrinseche dei social. La spinta a seguire pedissequamente modelli, modi di fare e pensare, imposti dall’alto potrebbe avere ripercussioni serie sulla vita di ragazzi magari già fragili, con bassa autostima, che cercano consensi e attestazioni di stima da parte di chi sta dall’altra parte dello schermo di un PC o del cellulare. In molti casi haters, vigliacchi leoni da tastiera che istigano anche al suicidio. Cercano affetto e trovano odio. E così le generazioni che sono cresciute a pane e Facebook o Istagram spesso confondono il virtuale con la realtà, dando un’importanza decisiva al numero di like sotto le loro foto o i loro post, come se da questo dipendesse la loro identità.
Quello messo in atto dai social appare come un massiccio, sottile e subdolo condizionamento sulla base di assunti fuorvianti che fanno del consenso – virtuale – il metro di giudizio per attribuire o meno valore ai fatti, alle cose e alle persone.
Per molti giovani passa il messaggio che sia il numero di like o di follower a dare la misura della validità di un’idea o un pensiero, e che tutto quello che leggono sul web corrisponda sia giusto. Su questo delicato argomento è intervenuto anche Papa Francesco.
Pochi giorni fa, nell’udienza riservata ad alcuni studenti del Collegio Rotondi di Gorla Minore (in provincia di Varese) nel corso della celebrazione del 425° anniversario di fondazione della più antica scuola cattolica paritaria d’Italia, il Papa ha rivolto loro un pregante discorso sull’importanza della ricerca della verità.
Bergoglio ha esortato i ragazzi a sviluppare quella coscienza critica che oggi sembra indispensabile per districarsi in una realtà complessa, mutevole e ingannevole. Ha sottolineato con forza la necessità per i giovani di rapportarsi al mondo in modo libero, con una mente aperta, evitando la pericolosa deriva che un uso non consapevole dei social può causare, portando a una vera e propria dipendenza.
«In particolare voi, ragazzi, ricercate in tutto la verità – ha proclamato con entusiasmo e speranza Papa Francesco – senza lasciarvi condizionare dalle mode del momento o dal pensare comune, dai like o dal consenso dei follower: non sono queste le cose più importanti, anzi dipendere troppo da esse ci può togliere la libertà».
Il Pontefice ha poi ricordato quanto sia importante per dei soggetti in età evolutiva imparare a pensare con la propria testa, esprimendo giudizi non aprioristicamente allineati al pensiero comune, ma ponderati dopo un costruttivo dialogo che aiuta a maturare. Aprirsi a prospettive nuove aiuta a sviluppare la creatività, a esprimersi in modo libero. Solo formando e difendendo la propria individualità, attraverso un confronto costruttivo con gli altri e nel rispetto del pensiero altrui, si può dare il meglio di sé.
In un mondo dove non si contano fatti tragici dovuti alla persistente piaga dell’intolleranza, diventa doveroso sentire le ragioni di chi la pensa diversamente, predisponendosi all’ascolto, arrivando anche a cambiare il proprio punto di vista, laddove necessario.
Ecco perché studiare e impegnarsi, con senso del dovere ma anche con allegria, insieme ai propri compagni, è l’unico modo per impadronirsi degli strumenti necessari per leggere la realtà, soprattutto considerando la liquidità della società attuale, in continua trasformazione.
La conoscenza è sinonimo di vera libertà. Il vero nemico è l’ignoranza.
La strenua e continua ricerca della verità è l’unica strada percorribile per riconoscere le menzogne, per capire quando ci si trova di fronte a fake news, a persone che vogliono strumentalizzarci per i propri scopi, a condizionamenti subliminali che portano ad assumere certi comportamenti e atteggiamenti solo perché la massa lo fa.
La ricerca della verità è l’unica arma che i giovani possano usare per difendersi dall’omologazione e dalla schiavitù intellettuale.