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Quando la Costiera era all’avanguardia. Modernità di Amalfi medievale nel libro di John Morrissey

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On November 25th, in Amalfi, the book Amalfi. Moderna nel Medioevo, by the Austrian scholar John Morrissey, was presented. This volume offers an overview of the history, culture, science, technology, economy and politics of the Amalfi Coast in the Middle Ages. Thanks to its narration it is a source of inspiration for travelers as well as for scholars, for a better understanding of the history and culture not only of the Amalfi Coast but of the entire Mediterranean.

Arriva finalmente in Italia il libro dello studioso austriaco John Morrissey Amalfi. Moderna nel Medioevo. Pubblicato per la prima volta in lingua italiana dopo aver ottenuto ampi riconoscimenti nei paesi di lingua tedesca, è stato presentato venerdì 25 novembre nella Biblioteca Comunale di Amalfi.

Ai lettori del Quotidiano della Costiera offriamo la lettura di una pagina del libro in  cui si  descrive il modo in cui i nostri antenati trovavano rimedio alla scarsità dello spazio abitativo che caratterizza il territorio in cui viviamo.

Limiti di spazio: soluzioni strutturali

Estratto dal volume di John Morrissey, Amalfi. Moderna nel Medioevo, Centro di Cultura e Storia Amalfitana, 2022. Traduzione di Olimpia Gargano

“Come avviene tuttora, nelle città costiere le attività sociali, economiche e politiche si svolgevano in uno spazio molto ristretto, soprattutto nella doppia metropoli Amalfi-Atrani. Invece Scala, Ravello o Maiori offrivano un po’ più di spazio. Sui Monti Lattari, invece, le singole sotto-comunità e case coloniche erano spesso molto distanti fra loro.

Trovare una soluzione spaziale adeguata per vivere, lavorare e per scopi politico-amministrativi e ecclesiastici era una grande sfida urbana, anche per quanto riguarda il traffico. Per esempio, chi sale a piedi dalla piazza del Duomo al quartiere greco può averne un’idea. Gli amalfitani e i turisti devono avere gambe buone e senso dell’orientamento.

La casa di una famiglia aristocratica si chiamava domus. Laddove negozi, officine e abitazioni erano sotto lo stesso tetto si parlava di hospitia domorum. Le case dei ricchi si distinguevano per il loro notevole comfort, avevano anche bagni che erano basati su modelli arabi e quindi ne portavano il nome (“bagno arabo”). Un esempio particolarmente bello si trova ancora oggi nella Villa Ru­folo di Ravello. Ad Amalfi, vicino alla cattedrale, c’era anche un grande bagno pubblico che, nonostante il nome, era riservato esclusivamente ai nobili.

La conseguenza della mancanza di spazio erano le costruzioni in altezza e lo scavo parziale di sottopassaggi per il traffico (a piedi o con muli e asini). Erette a mo’ di torri fino a cinque piani di altezza, le residenze della costiera sembrano fortezze, ma non erano progettate per scopi difensivi, come le torri di famiglia della Toscana, della Liguria o di Roma. Questa è un’ulteriore indicazione di relazioni sociali chiaramente regolate e stabili tra le élite potenti da un lato, e tra le élite e le classi inferiori dall’altro. Anche in questo, Amalfi somiglia alla Repubblica dogale di Venezia, dove mancano case fortificate e palazzi a scopi difensivi. In effetti, in Costiera e nella Repubblica lagunare gli atti di violenza cittadina per motivi politici erano di gran lunga inferiori rispetto, per esempio, a Pisa o Genova.

Non è chiaro se nella tipica casa amalfitana ci siano state delle influenze greche, ma alcune abitazioni distanti dai centri urbani della Costiera ricorda­no le torri residenziali del Mani nel Peloponneso. Molti edifici fanno pensare anche a modelli arabi, e in particolare il labirintico sistema di scale e percorsi di Amalfi offre similitudini con modelli di insediamento in Marocco, Algeria e Tunisia. E per quanto riguarda la costruzione di chiese, forse anche con edifici sacri islamici: nelle cattedrali romaniche, in chiese fino a sei navate come la Cattedrale di Amalfi dopo l’ambizioso edificio aggiuntivo del X secolo, si parla spesso di selve colonnate che ricordano le moschee. Oppure, chi non pensa agli esempi musulmani guardando gli archi intrecciati del Chiostro del Paradiso, costruito quasi 300 anni dopo l’ampliamento della cattedrale?

In nessuna fonte scientifica o turistica si trova riferimento a una sorprenden­te somiglianza tra l’architettura della Costiera e i castelli o le fortificazioni del deserto nordafricano. Si tratta di ksar (in Tunisia) e agadir (in Marocco), che sono composti da ghorfa modulari. I Berberi li costruirono come protezione da tempeste di sabbia, da temperature estreme e nemici, e come deposito per il grano. Lì, il grano era al riparo da umidità, muffe, roditori, uccelli e insetti.

Spesso semplicemente assemblati più volte come una casa a schiera, poi di nuovo alti fino a quattro piani, i favi di ghorfa formavano complessi edilizi simili a quello di edifici i cui tetti sono formati da volte a botte. I più antichi granai fortificati (termine che si traduce con agadir, una parola che potrebbe provenire dal fenicio) ancora esistenti hanno tra i cinquecento e gli ottocento anni. Si trovavano vicini a importanti rotte commerciali ed erano il risultato di attività di costruzione collettiva da parte delle associazioni di villaggio. Uno ksar / agadir fungeva anche da luogo di riunioni politiche, vi si tenevano lezioni scolastiche, feste e vi si praticava la religione. È significativo che in francese questi edifici si chiamino greniers collectifs.

Non è soltanto il concetto di cooperazione sociale a unire Amalfi alle lon­tane regioni berbere, ma ci sono anche le proporzioni e soprattutto i tetti di diverse chiese e palazzi secolari, come ad esempio le navate laterali di Santa Maria a Gradillo a Ravello, o di nuovo nel Chiostro del Paradiso ad Amalfi. A Ravello, l’edificio senza nome accanto a San Giovanni del Toro, che ora è utilizzato come magazzino o officina, colpisce particolarmente per la sua somi­glianza con una fila di ghorfa a un piano.

Le due chiese di Ravello ne simboleggiano la stratificazione sociale. Santa Maria a Gradillo era il luogo di culto del popolo, dove le classi medio-basse non solo partecipavano alla messa ma tenevano anche incontri politici. Si trova simbolicamente nella parte bassa della città, quasi ai margini. San Giovanni del Toro, invece, fu edificata quasi nel punto più alto della città ed era luogo d’in­contro dell’alta borghesia, che vi fece costruire anche magnifici palazzi e ville.

Anche dalle terrazze di Villa Rufolo, guardando verso Salerno e il Cilento si vedono diversi edifici con tetti a botte, uno dei quali ai piedi dello spettatore, proprio accanto alla chiesa della Santissima Annunziata. A Ravello ci sono pro­babilmente la maggior parte dei tetti a ghorfa, ma si possono trovare ovunque in Costiera”.

redazione
http://www.quotidianocostiera.it
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