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Totò “patrizio di Ravello”. Il ricordo di Liliana De Curtis: «Papà amava questo paese»

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«Da bambina papà mi parlava spesso della bellezza di Ravello e ci veniva soltanto con mia madre. Non ha mai portato le sue amanti qui. Una delle foto più belle di mio padre e mia madre (Diana Bandini Lucchesini Rogliani ndr), che custodisco gelosamente, è stata scattata proprio a Ravello».

Lo raccontò Liliana De Curtis, la figlia del grande Totò, durante la sua ultima visita a Ravello l’11 agosto del 2012. «Non è un caso – aggiunse – che il vino preferito di mio padre era il Gran Caruso rosè».

In quella occasione, in piazza Vescovado incontrò il sindaco Paolo Vuilleumier e il maestro Giampaolo Schiavo (nella foto).

Liliana De Curtis a Ravello nel 2012 accolta dal sindaco Paolo Vuilleumier col maestro Giampaolo Schiavo

Come suo padre, Liliana a Ravello si sentiva a casa.

Già, perché il Principe Imperiale Antonio Focas Flavio Comneno De Curtis di Bisanzio, universalmente conosciuto come Totò, era un habitué della Città della Musica presso cui amava spesso rifugiarsi.

Non solo per godere della tranquillità e della bellezza del luogo, ma per rinsaldare quel legame al patriziato di Ravello della quale la famiglia De Curtis era aggregata al sedile dei nobili della città nel Cinquecento.

Con lo stemma d’oro a tre bande d’azzurro al capo dello stesso con un crescente montante d’argento accompagnato da tre stelle di otto raggi d’oro 1 e 2.

Le sue brevi sortite Totò amava trascorrerle, negli anni Cinquanta, presso uno dei più prestigiosi alberghi cittadini: il Caruso. Nell’antica residenza patrizia della famiglia D’Afflitto il principe della risata non rinunciava mai alla colazione con tavolo vista mare accompagnata dal Gran Caruso rosè, vino prodotto dalla leggendaria cantina ravellese che proprio in quegli anni, poco dopo la fine delle ostilità del secondo conflitto bellico, cominciava a spopolare oltreoceano anche grazie al gradimento dei Marines americani che occuparono Ravello in seguito allo sbarco del 9 settembre 1943.

Quel nettare d’uva, un’innovazione per l’epoca, concepito dal genio di Pio Caruso, conquistò Totò tanto da non poterne fare più a meno.  

E addirittura nel 1946 una delle governanti presso la residenza romana di Totò, la signora Mariantonia De Biasi (scomparsa il 27 novembre 2016) era di Ravello.

Totò andava fiero di questa “appartenenza” alla Città della Musica, tanto che sul libro degli ospiti illustri, conservato gelosamente dall’ex proprietario Gino Caruso, al termine di una vacanza del luglio del 1951 – l’anno prima dell’inizio della sua ultima relazione, quella con Franca Faldini -, lasciò una dedica autografa: «All’albergo Caruso di Ravello vorrei, se potessi, restarci tutta la mia vita. Totò De Curtis, patrizio di Ravello».

Il 2 agosto del 1951 il “Principe della risata” raggiunse la sede dell’Archivio di Stato di Salerno in Piazza Abate Conforti.

Ad attenderlo il direttore dell’Istituto, Leopoldo Cassese, ricevette da Totò un documento in pergamena rogato a Ravello, il 12 gennaio 1512, dal notaio Luigi Ferraioli, del quale risultava proprietario.

L’appartenenza a Totò della pergamena era motivato dalla presenza di un tale Gaspar de Griffo – Focas de Terra Bonatorum (l’odierno territorio di Vibonati) tra i sottoscrittori dell’atto ravellese.

Il direttore dell’Archivio salernitano s’impegnava, come poi fece, a trasmettere copia legale dell’atto trascritto al donatore e, il 15 agosto successivo, richiedeva l’autorizzazione all’accettazione del dono all’Ufficio Centrale degli Archivi del Ministero dell’Interno.

Oltre alla pergamena del 1512, Totò avrebbe poi consegnato all’Istituto altri documenti attestanti la nobiltà delle famiglie di cui portava il titolo.

Un estratto della deliberazione della Veneranda Lingua d’Italia del Sovrano Militare Ordine di Malta del 3 ottobre 1584, con la quale si accettavano le prove di nobiltà presentate da Giovanni Tommaso De Curtis e una “Genealogica e tradizione della Famiglia de Griffi venuta in Regno di Napoli”.

Le singolari testimonianze lasciate con lungimiranza da Totò all’Archivio di Stato di Salerno costituiscono il piccolo Archivio Privato De Curtis, prove evidenti dell’antico “rapporto” tra il Principe della risata e Ravello.

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