di GIUSEPPE GARGANO
Roma caput mundi cede il passo a Neapolis regina ludorum.
Il partenopeo Stazio si reca trionfante dall’amico Pollio Felice presso la sua villa sorrentina e gli porta in regalo una silva che celebra l’ultima grande impresa di Spalletti e dei suoi gladiatori nell’area di Fuorigrotta. Intanto il romano Apuleio riconosce il suo asino Lucio nel Ciuccio azzurro.
Mentre Mourinho scriveva, Osimhen segnava; ci sia concesso credere che il mister portoghese non stesse delineando variazioni di schemi da trasmettere ai suoi ragazzi bensì stesse appuntando le tecniche meravigliose che il suo rivale toscano stava concretizzando ai suoi occhi.
Mario apre per Kvara, che affonda e mette al centro: il centrattacco nigeriano stoppa di petto, aggiusta col ginocchio, fulmina col destro e la festa comincia, mentre Smalling si sente piuttosto small.
Studiare a memoria non fa bene ma giocare a memoria segna il raggiungimento di un elevato livello di preparazione.
Un messaggio per mister Mancini: Meret merita la nazionale.
Il Colosso di Rodi ha lasciato il posto al Gigante di Corea.
Il polacco Lobotka avanti e indietro ha fatto il gioco azzurro e disfatto quello romanista.
Dybala più che trequartista offensivo è stato invece costretto a far spesso l’ interditore.
Un soffio di vento egiziano, lasciato spirare da Cleopatra su intercessione di Marco Antonio, ha riaperto la speranza dei giallorossi: onore ai gladiatori del Colosseo per la loro egregia prestazione!
Infine Simeone, non il Vecchio ma il Giovane, con una girata a pennello ha completato la profezia.
