di NOVELLA NICODEMI
Col sinistro sottofondo di rintocchi di orologi che si sovrappongono e un cadavere trascinato per le scale da qualcuno che proietta la sua ombra sul muro si apre la prima delle otto puntate della serie Netflix Ripley.
Un uomo difficile da trovare è il titolo di questo episodio proemiale che, partendo dalla Roma del 1961, ci riporta alla New York di sei mesi prima dove prende avvio tutta la storia. Un uomo vive in una squallida camera, sporca e fatiscente. Prima di uscire di casa, si guarda allo specchio e si sforza di provare un sorriso che gli servirà per mettere in atto le quotidiane truffe ai danni di ingenui malcapitati.
Appare fin da subito evidente che quella di Steven Zaillian, sceneggiatore e regista della miniserie, è una versione molto particolare della storia partorita dalla prolifica penna di Patricia Highsmith nel 1955. Un adattamento per la tv davvero originale, lontano sia dalla pellicola Delitto in pieno sole di René Clément che dal più recente movie Il talento di Mr Ripley di Antony Minghella.
Andrew Scott è Tom Ripley. L’intenso attore irlandese dà vita a un personaggio col quale lo spettatore non simpatizza, ha uno sguardo sfuggente e un’espressione da cinico truffatore senza scrupoli, che vive di espedienti. Risalta soprattutto la sua solitudine, quando rientra nel desolante appartamento la sera e si guarda sospettoso dalla finestra, immerso dalla paura di essere seguito e smascherato.
Zaillan – premio Oscar per la sceneggiatura di Schindler’s List e sceneggiatore di The Irishman – sembra voler restituire alla storia della Highsmith la sua identità di perfetto noir, scegliendo il bianco e nero a creare l’atmosfera misteriosa, cupa e angosciante che gli calza a pennello.
Di grande impatto la fotografia e la regia che ci rivelano scorci di Atrani di una bellezza mozzafiato.
Sì, perché è proprio Atrani al centro di questo primo episodio, nominata più volte, già nelle prime sequenze dal padre di Dickie che incarica Tom di trovare suo figlio, ormai da anni in Italia, in un paese vicino Napoli che si chiama Atrani. Vediamo Tom arrivare a Napoli, prendere la corriera Napoli-Salerno, avere le vertigini nei tornanti della Costiera amalfitana, per poi esplorare affannosamente il borgo alla ricerca di facoltoso americano. Non è un caso che la macchina da presa inquadri dall’alto Tom mentre sale e scende infinite volte le scale di Atrani, metafora della scalata sociale che desidera fare a tutti i costi, ma anche della fatica e dello sforzo che gli costerà.
Lo spettatore viene letteralmente rapito dalle poetiche inquadrature della Costa d’Amalfi, dalle splendide immagini di Atrani che campeggiano in tutta la puntata, regalando quella immacolata bellezza paradisiaca che fa da contraltare all’animo torbido del protagonista, sulle note di iconiche canzoni italiane come Quando quando quando e Il cielo in una stanza.
Le scene in Costiera sono state girate nell’autunno del 2021, anticipando di un anno quelle di The Equalizer 3 con Denzel Washington, che ha visto il ritorno sullo stesso set di Atrani di Dakota Fanning che in Rypley veste i panni di Marge Sherwood, la fidanzata di Dickie Greenleaf, interpretato da Johnny Flynn.
Già da questo primo intrigante assaggio della miniserie, lo spettatore è trascinato nel vortice dell’inquietudine che dilania il protagonista, che nella scena finale sfodera davanti allo specchio dell’albergo Miramare un sorriso diabolico: fa le prove di presentazione col nome di Dickie, indizio che sta già meditando e programmando il furto di identità.
Tormentato e problematico, questo personaggio promette di rivelare altre inedite sfumature nella interpretazione di Scott – noto per aver vestito i panni del Professor Moriarty nella serie Sherlock e per aver recitato nel movie Estranei – All of Us Strangers – che lo ha studiato a fondo, cercando di entrare nella sua psiche per comprenderlo a pieno e darne una versione lontanissima sia dall’interpretazione di Alain Delon che di Matt Damon.
Questa avvincente storia che nel tempo ha conquistato milioni di lettori e spettatori presenta una trama molto articolata – incentrata sul camaleontico Tom Ripley che vive nella menzogna ed è disposto a macchiarsi di qualsiasi delitto pur di vivere una vita che non gli appartiene – e viene raccontata dal regista con una lentezza che non è una strategia per diluire il plot, ma una precisa e vincente scelta che punta su dettagli, inquadrature che sembrano quadri, impercettibili espressioni del viso, lunghe passeggiate, zoom su opere d’arte. Chi, dopo Matrix – che ha fatto da spartiacque in tal senso – è insofferente a questo tipo di lentezza, dovrà ricredersi perché è una delle componenti delle serie, perfettamente contestuale e congrua al periodo, all’ambientazione e alla trama, che ne fa apprezzare e godere maggiormente la visione.