di DONATO SARNO
Esattamente 170 anni or sono, la mattina di mercoledì 12 gennaio 1853, ebbe luogo una solenne cerimonia, iniziata a Vietri sul Mare e terminata ad Amalfi. Di tale cerimonia fu, tra gli altri, autorevole spettatore lo storico amalfitano Matteo Camera, che ne lasciò in un suo scritto un’efficace descrizione. In quel giorno, com’egli ricorda, in tutto il Regno delle due Sicilie “grida di gioia s’innalzavano (…) e voti fervidi e sinceri si porgevano all’Ente Supremo”, giacché ricorreva il compleanno del Re Ferdinando II di Borbone; al fine pertanto di “esternare i sensi della sua riconoscenza ed attaccamento al Sovrano” e di “meglio contrassegnare un sì giulivo giorno”, l’Intendente della Provincia di Principato Citeriore Giuseppe Valia (figura in qualche modo paragonabile all’odierno Prefetto) volle scegliere il 12 gennaio 1853 quale data per “dar luogo all’apertura e solenne inaugurazione della nuova strada rotabile della Costiera”, ultimata nel dicembre del 1852.
L’idea di dotare di una strada percorribile con carrozze o altri mezzi a ruota la Costa d’Amalfi, che ne era sempre stata priva a motivo dell’asprezza del territorio, era già maturata nel XVIII secolo, quando si era ipotizzato di collegare Amalfi a Castellammare di Stabia e quindi a Napoli passando per l’altopiano di Agerola, ma il progetto non andò avanti a motivo dell’opposizione di Maiori e Tramonti, che non volevano restare escluse dall’opera. Si elaborò dunque un nuovo progetto, che fu ufficialmente approvato nel 1811 con decreto del Re Gioacchino Murat: la strada sarebbe partita da Amalfi, avrebbe raggiunto Maiori passando per Atrani e per Minori e quindi da Maiori sarebbe continuata, salendo a Tramonti sino a Chiunzi ed alle Chiancolelle per poi scendere a Nocera e da lì collegarsi a Napoli. I lavori iniziarono intorno al 1815 e dopo un decennio fu completato il tratto rotabile da Amalfi a Maiori, ma, a causa di ostacoli tecnici ed economici, non fu possibile costruire l’ulteriore tratto da Maiori a Tramonti e l’opera restò incompiuta. Si decise perciò di optare per un percorso più corto e meno dispendioso, approvato proprio da Ferdinando II di Borbone nel 1835 ed attuato negli anni seguenti, facendo cioè passare la rotabile non più per Tramonti in salita, ma a mezza costa per Capodorso, così da congiungere Amalfi e Maiori non più con Nocera, bensì con Vietri sul Mare e con Salerno.
L’inaugurazione della strada rotabile ebbe luogo secondo un preciso programma. Sulla testa del grande ponte di Vietri (che ancor oggi desta ammirazione per l’imponenza e la tecnica di costruzione e che ha saputo resistere ad alluvioni e bombardamenti) era stato montato un padiglione e, sotto al padiglione, era stato collocato un altare temporaneo. Alle ore 10.00 del 12 gennaio 1853 giunsero lì da Salerno con diverse carrozze l’Intendente Valia (il quale prima aveva assistito nella cattedrale di San Matteo al Te Deum cantato per il compleanno del Re), le autorità civili e militari, i Sindaci dei vari paesi della Costiera e i componenti della Deputazione speciale della strada costiera. La giornata era bella, il cielo puro e sereno ed il mare tranquillo. Il parroco di Vietri, sull’altare collocato, benedisse la nuova strada con una solenne cerimonia innanzi ad una grande folla di popolo presente e, subito dopo, la banda musicale suonò l’inno borbonico, “tra le esultanti e ripetute grida di Viva il Re”. Le autorità percorsero quindi in carrozza la rotabile da Vietri sino ad Amalfi, “ammirandosi da tutti la svelta costruzione de’ diversi ponti bellamente architettati, i difficili tagliamenti di roccie enormi e durissime, l’esecuzione de’ lavori”.
La strada fu espressamente dedicata a Ferdinando II di Borbone che l’aveva voluta e perciò fu chiamata “Strada Ferdinandea della Costiera di Amalfi”, come recitava un’iscrizione marmorea, apposta a Vietri nella piazza del Forte e purtroppo rimossa dopo l’Unità d’Italia, nella quale la strada stessa era definita “gemma di beneficenza del Gran Re Ferdinando II ai popoli suoi”.
Il Camera, nel descrivere la cerimonia dell’inaugurazione, definì la strada “opera gigantesca, di grande utilità, di somma vaghezza e d’immensa spesa, unica nel suo genere e disegno, come per gli ameni e svariati punti di veduta che ad ogni tratto vi s’incontrano in percorrerla da un capo all’altro (…) più bella ancora di quella di Sorrento (…) loggiato sporgente sul mare, tagliato nelle rocce (…) magnifica sotto tutt’i rapporti”.
In effetti fu tale strada che pose, per la prima volta, fine all’isolamento della Costa d’Amalfi e fu a tale strada che si collegarono poi sia le restanti grandi arterie costruite a fine XIX secolo (la rotabile per Chiunzi/ Nocera, la rotabile per Ravello e Scala, la rotabile per Positano/Sorrento) e nel XX secolo (la rotabile per Agerola e la rotabile Ravello/Chiunzi) sia le strade rotabili secondarie.
E non sarebbe fuori luogo (anzi sarebbe oltremodo auspicabile) che, come già da più anni proposto da chi scrive, le amministrazioni locali si adoperassero affinché all’attuale denominazione di Strada Statale 163 sia aggiunta l’originaria denominazione di Strada Ferdinandea della Costiera di Amalfi. Il ripristino infatti dell’antico appellativo, lungi dall’essere espressione di un acritico filoborbonismo, costituirebbe opportuno recupero della memoria storica ed al contempo doveroso omaggio ad un territorio unico ed impareggiabile per le sue bellezze.