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Pelle e luci, anima e musica: la notte di Marco Mengoni a Salerno

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di SABRINA SICA

Ancora qui, sotto la pelle. Proprio lì, dove si vede il mare, dove il cielo pare scomparire e accendersi, dove puoi guardare la bellezza muoversi, moltiplicarsi, svelarsi. E l’amore? Ha vinto, vince e vincerà. Lo Stadio Arechi si riaccende, trasformato in palcoscenico ideale e sorprendente dal management salernitano Anni60 produzioni, e la luce è Marco Mengoni: a brillare, all’unisono, come fossero stelle, come due vite che si attraversano e poi completano, come libertà che trova spazio. Ed è un posto definito, perfetto, assoluto, è il posto dove ogni cosa può succedere: Marco canta e la paura si interrompe, le mani si trovano, i silenzi si riempiono.

C’è chi si promette per sempre, chi disegna la sua strada, chi guarda verso il cielo. Chi balla, salta, chi si lascia andare alle lacrime e alla poesia. Sold out di anime, per uno degli eventi più attesi. Terra, pelle, prisma: Mengoni è un elemento naturale, un corpo da attraversare, un fascio di luce che devia e proietta emozioni, colori, geometrie.

“Lo sapevo già che qui sarebbe stata tutta un’altra cosa”: emozionato e essenziale, pieno, vibrante. Perché la storia cambia un uomo, ma non confonde i passi, e restituisce ogni cosa. Al buio, nella notte della sua musica, avvolti solo dal suono della voce. Aldilà della follia, della magia, della potenza, della passione: la musica arriva forte, prepotente, completamente. Ed è un giro di cose, sensazioni, storie, persone. È il giro perfetto, un sinuoso movimento, ancora. E sempre di più. A e per chi crede negli Esseri umani, tra Parole in circolo e quella Pazza musica. Pronto a correre, come se fosse sempre una Buona Vita. Per celebrare la sua carriera, Mengoni non fa sconti, passando da quelli che sono i suoi grandi successi, con quel ritmo inconfondibile e una voce intensa come poche: Credimi ancora, Hola, Ma stasera, Sai che e Muhammad Ali.

“Sono passati un bel po’ di anni, mi regalate ogni volta qualcosa di così grande che non riesco a trattenermi – ed è un istante meraviglioso, una promessa fatta con le lacrime sul viso per Mengoni, ad una Salerno che non si contiene, prende tra le mani la sua grandezza -. Questo tour è un dono, toccarsi finalmente, è una strada che si riempie ancora. Dieci anni fa ebbi la possibilità di coronare un sogno, voi mi avete permesso in questo anno di riprovare quelle emozioni, e io non so come ringraziarvi se non così”.

Dopo dieci anni sul podio più alto di Sanremo, con consapevolezze diverse ma sempre autentiche. Per un’anima speciale che ha saputo camminare, andare, dare, prendere e riempire. Stadi e palazzetti, cuori e bellezza. E le sue lacrime si trasformano in un tributo, una canzone sussurrata, un viaggio che pare appena cominciato. E la sua commozione è la risposta, è la verità, è musica. È appartenersi, che musica è amore, quello che non ha bisogno di chiedere, che può arrivare oltre e ancora di più: “C’è sempre amore, noi siamo amore, voi dovete amare. Nulla è proibito se porta chiaro il nome dell’amore”. Una stella tra le mani, nel posto sicuro dove batte il cuore, nella lunga notte di luce di Marco Mengoni, che si vede il sole. Vicini, per sfiorarsi, a fluire come onde, stretti per splendere. Senza fine. Ancora qui, sotto la pelle.

Foto: Claudia Nappi, Angela Tortorella

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