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Riflessi della marcia su Roma in Costa d’Amalfi: il caso di Maiori

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di DONATO SARNO

Ricorre oggi, 28 ottobre 2022, il centenario della marcia su Roma. Si trattò, come è noto, di una manifestazione armata di carattere eversivo, organizzata dal Partito Nazionale Fascista e volta a porre Benito Mussolini alla guida dell’Italia. Molto si è già scritto e tuttora per l’occasione si sta scrivendo sull’evento nonché sui suoi antefatti e sui motivi che spinsero il Re Vittorio Emanuele III a cedere alla pressione delle squadre fasciste, nominando Mussolini capo del Governo. Restano ancora invece da approfondire gli effetti che la marcia su Roma produsse nelle singole realtà locali. In particolare, mancano del tutto studi monografici in argomento per ciò che attiene ai paesi della Costa d’Amalfi. Il presente articolo intende fornire un primo sommario contributo relativamente a quanto nella circostanza accadde a Maiori.

Il 28 ottobre 1922 era Sindaco di Maiori il cavalier Francesco Conforti fu Andrea, in carica dal 1913, bisnonno materno di chi scrive. Gentiluomo di idee liberali, da anni impegnato in politica, don Ciccio – come comunemente chiamato – si era distinto per l’impegno che aveva profuso nel reggimento della città specie durante la Grande Guerra e che gli aveva procurato universale apprezzamento. Il 30 ottobre 1922, ad appena due giorni dalla marcia su Roma, egli rassegnò le dimissioni, e con lui l’intera Giunta ed undici Consiglieri. Non si trattò di un caso isolato, giacché il mutato clima politico portò in quasi tutti i Comuni ad una fine anticipata delle amministrazioni; esse, osteggiate in vario modo dagli elementi fascisti locali e/o divise al loro interno per sopraggiunte diversità di vedute, furono poste in condizioni di non poter ulteriormente operare. Ciò determinò, come inevitabile conseguenza, un massiccio commissariamento degli Enti Locali: in attesa infatti delle nuove elezioni, a reggere provvisoriamente i Comuni furono inviati dalle autorità governative Commissari Prefettizi, molti dei quali o erano di fede fascista più o meno marcata o comunque non si mostravano ostili ad essa. Da novembre 1922 Maiori venne dunque retta per alcuni mesi da Commissari Prefettizi: prima il ragioniere Arturo Incoronato e poi, dal 14 dicembre 1922, il dottor Alfredo Telesca. Entrambi si adoperarono per favorire la progressiva ed incisiva fascistizzazione delle istituzioni e del paese, peraltro iniziata anche prima della marcia su Roma. Il risultato delle elezioni comunali del 1923 segnò a Maiori la netta vittoria del Partito Nazionale Fascista; il 10 maggio 1923, si insediò il nuovo Consiglio Comunale, che si gloriò di essere tra le prime rappresentanze comunali fasciste elette nella Provincia di Salerno.

In quella stessa seduta il Consiglio elesse come nuovo Sindaco il cavalier Salvatore d’Amato, il quale, nel prendere la parola, volle in primo luogo lodare l’azione svolta dal Commissario Telesca, evidenziando come essa fosse stata maschia e decisa, priva di tentennamenti e senza più subire quei rallentamenti causati da compromessi e mediazioni tipici delle precedenti Amministrazioni, espressione di partiti giudicati inetti ed incapaci. Al Telesca il Consiglio volle pertanto conferire in segno di gratitudine la cittadinanza onoraria di Maiori ed il telegramma inviatogli per comunicare l’avvenuto conferimento fu significativamente chiuso al saluto guerriero, di origine greca ma fatto proprio dal Fascismo, di “Alalà”. Era questo un evidente segno che anche i toni e il linguaggio si erano nettamente trasformati rispetto al passato: il Regno d’Italia stava ormai per trasformarsi in una dittatura, destinata a durare per circa un ventennio, e di lì a poco gli stessi organi comunali (Sindaco, Giunta e Consiglio) sarebbero stati sostituiti da un unico organo di nomina governativa, il Podestà.

redazione
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