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Premio Nobel Jody Williams da Scala: «Anche Occidente responsabile della guerra in Ucraina»

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«Se siamo da soli a combattere per la pace non ci riusciremo, ma se all’io sostituiamo il noi possiamo fare qualunque cosa, nessuno può arrestarci». Lo ha detto il Premio Nobel per la Pace 1997 Jody Williams da Scala, ospite in occasione della conferenza dal titolo “Seminare il terreno tra guerra e pace”. Un’ iniziativa promossa nel solco delle attività della kermesse Scala Incontra New York e sull’esempio della figura del Beato Gerardo Sasso.

Sollecitata da Padre Enzo Fortunato, l’attivista americana fondatrice e coordinatrice della campagna internazionale contro le mine antiuomo ha rivelato: «Spesso sono stata introdotta come una donna che può cambiare il mondo.
Noi cambiamo il mondo, non io. Abbiamo cominciato il processo per la proibizione delle mine antiuomo nel 1992. Per i primi cinque anni avevamo due associazioni che si battevano per questo. In cinque anni sono nate 1300 organizzazioni in 90 paesi del mondo. Questo è importante per capire che nessuna persona può cambiare il mondo.
La nostra campagna includeva testimoni delle mine antiuomo, sopravvissuti, mutilati, divenuti attivisti perché mai nessuno vivesse il dramma di perdere la vita o un arto.
Un altro aspetto della campagna è stato lo sminamento. E i testimoni erano ex militari che già quando erano arruolati compresero l’effetto devastante delle mine».

Ad accogliere il Premio Nobel il vicesindaco di Scala Ivana Bottone e il vicepresidente del Consiglio regionale della Campania, Loredana Raia, con persone giunte da diversi comuni della Costiera.

Padre Enzo le chiede quanto tempo ci vorrà per sminare la zona intono a Kiev e nel Donbass. «Non lo so – risponde la Williams – dipende da come è stato approcciato il problema. Dipende anche dalle persone che sanno come e dove quelle mine sono state collocate. Dalla mia esperienza non ci sono mappe geolocalizzate, le mine vengono messe con casualità. Mi aspetto che l’Ucraina si faccia promotrice di una campagna di sminamento. Mi aspetto che il paese possa raccogliere tutte le informazioni possibili da tutti e quindi decida le aree da sminare.
Naturalmente se queste mine sono in montagna hanno priorità minore rispetto a posti in cui sono concentrate le abitazioni e ci sono i civili».


E poi la dura accusa all’Occidente coinvolto, secondo il Premio Nobel, nell’invasione dell’Ucraina. «Putin è al potere da circa vent’anni e lui fin dall’inizio aveva un obiettivo mitologico che ha portato avanti strenuamente – ha detto – . La sua missione era quella di creare una grande Russia cominciando a invadere alcuni paesi. Nel 2002 ha invaso la Cecenia e l’ha completamente distrutta. Tanti dei miei colleghi della campagna delle mine antiuomo sono morti in quella guerra. Cosa ha fatto l’Occidente? Niente. Neanche sapeva che sulle mappe ci fosse la Cecenia. Poi è passato alla Georgia e ha preso parte del territorio. Cosa ha fatto l’Occidente? Niente. Quando poi Putin ha invaso la parte est del paese, Donbass, quando ha annesso la Crimea nei suoi territorio nel 2014. Cosa ha fatto l’Occidente? Niente.
Naturalmente se gli hanno concesso tutto questo nel passato, perché non dovrebbe farlo adesso?
Dal mio punto di vista se tutti i paesi occidentali avessero applicato le sanzioni di oggi, tutto questo non sarebbe successo.
Quello che conta è il petrolio e gas, l’energia fossile che è più importante degli esseri umani».

E parlando alla platea: «Voi vi dovete sentire coinvolti in questa guerra, partecipare e fare un’azione. Alla fine di giugno sarò con altre tre donne Premio Nobel sul confine ucraino-polacco per parlare con donne rifugiate, della loro esperienza, per sapere se hanno una speranza ma anche di ricordare al mondo che questa guerra non è solo in Ucraina. Guardate cosa è successo in Afghanistan dopo vent’anni di guerra, nella Repubblica del Congo, in Somalia, in Etiopia. Dobbiamo capire che gran parte di questi conflitti che stanno avvenendo in tutto il mondo sono dovuti a interessi legati a petrolio, gas, diamanti, insomma materie prime».
Foto: Giassi

redazione
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