di SALVATORE AMATO
Martedì 16 febbraio 1915, in casa del ricco commerciante Salvatore d’Amato, a Maiori, si tenne una festa in occasione dell’ultimo giorno del Carnevale, segnata da “grazia e leggiadria, signorilità ed eleganza, gentilezza e cordialità”. La festa fu resa ancora più gradevole dalla cortesia dei padroni di casa e dalla “verve inestinguibile dei numerosissimi intervenuti”.
Le sale dell’abitazione apparivano al cronista dipinte e decorate con lusso sfarzoso e con finissimo gusto, “degni del Rinascimento più che dell’epoca nostra”. Le maschere che sfilarono in Casa D’Amato si presentavano “graziose, elegantissime” e riproducevano nei travestimenti diversi soggetti.
Dal tipo di un paese oppure simboleggianti un episodio. Qualcuna, per esempio, rappresentava una Sorrentina, un’altra imitava le spagnole, un’altra ancora le contadine della campagna romana. Non mancava la personificazione della Notte, vestita di tulle nero punteggiato da stelle d’argento.
Il programma della festa, vario e articolato, venne addirittura compilato e trascritto, al segno che il cronista dichiarò che s’avesse voluto riprodurre tutti i particolari della festa, avrebbe riempito tutto il giornale.
Si limitava, pertanto, a segnalare l’accompagnamento musicale, espresso nel canto di romanze da parte della signorina Albina d’Amato, interpretate con arte sorprendente e con voce calda e vibrante, e i diversi balli animati dalla direzione di Bebè d’Amato.