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Benedetto XVI, una rivoluzione silenziosa

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di Padre Enzo Fortunato

La storia dello spirito dovrà a lungo ritornare sulla figura di Papa Benedetto XVI. Insigne teologo e infaticabile studioso, la vita di Joseph Ratzinger si è sviluppata sotto il segno dell’avventura. La sua vita schiva, il suo tratto riservato, la sua apparente ritrosia erano modi della sua audacia. La sua operosità è stata capace di provocare salutari rotture, a partire dai suoi momenti universalmente noti: il discorso di Ratisbona (2006), le dimissioni dal soglio pontificio (2013).

Se nel primo mostrava come quella che Papa Francesco definisce «mondanità spirituale» accechi nella falsa libertà promessa del relativismo dei valori; nel secondo il suo gesto, lungi dall’essere una fuga dovuta a mancanza di coraggio, risplende per la consapevole temerarietà di chi è capace di imprimere ad un corpo malato una scossa salvifica.


Benedetto XVI amava Assisi, la città da lui più visitata nel corso del suo pontificato. Proprio per questo respingeva ogni interpretazione scioccamente attualizzante di San Francesco. Nella lettura del teologo Ratzinger, l’aspetto principale del percorso esistenziale francescano è rappresentato dalla «scelta radicale» di chi pone termine alla propria vita precedente per abbracciarne una affatto diversa: la scelta della povertà, la scelta dell’amore, la scelta della vita. È così che il Poverello, nelle parole di Benedetto XVI, «man mano ha capito cosa voleva dire ‘riparare la casa del Signore’». «Riparare la casa del Signore» è una citazione da San Francesco ed è il compito che si è assunto in pieno Josè Bergoglio. In questo senso, l’elezione al soglio pontificio di Papa Francesco può essere davvero vista come un ideale passaggio di testimone, una staffetta tra due cavalieri della fede apparentemente tanto diversi e in realtà uniti in una profonda tensione spirituale. Ecco la possibilità di un nuovo inizio, capace di nuove aperture nel solco delle intuizioni del suo predecessore. Il rigore spirituale, privo di concessioni mondane, è affiancato da una nuova capacità di ascolto. I poveri, gli esclusi, gli emarginati non sono più solo oggetti ma soggetti del discorso di fede, capaci di testimoniare con rinnovato vigore la Parola di Dio.

redazione
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