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L’Annunziata, il simbolo di Ravello nel mondo

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di EMILIANO AMATO

Oggi, 25 marzo, si celebra la solennità dell’ annunciazione del Signore a Maria Vergine. Con ogni probabilità il primo grande messaggio della storia dell’umanità. A Ravello questa festività veniva celebrata fino all’ 800, presso la chiesa dell’Annunziata. Una statua lignea della Vergine si portava in processione per tutta la città. In quel giorno di giubilo venivano solitamente distribuiti tre moggi di pane.

Chi si affaccia dalla terrazza di Villa Rufolo, per ammirare l’insuperabile panorama, vede in primo piano, a pochi metri più in basso, una serie di volte estradossate, un tetto a due falde, un campani letto e due caratteristiche cupolette che sono divenute l’immagine simbolo di Ravello nel mondo. Si tratta del Complesso Monumentale dell’ Annunziata che si compone di due edifici uniti ad angolo retto: il più antico è la chiesa vera e propria, chiamata “Annunziata vecchia”, mentre l’altro adiacente, che era un oratorio per la Congrega dei Flagellanti costruito nel XV secolo, vien detto “Annunziata Nuova”. Nessuno, per la sua speciale individualità ed immediata efficacia visiva, può sottrarsi al suo fascino architettonico e stilistico.

L’IMPIANTO ARCHITETTONICO I due edifici sacri sono preceduti da un portico d’ingresso, che ha l’aspetto di una galleria, ricavata tra la roccia viva e la chiesa che aveva una cripta, come si rileva dalle monografie ogivali che si aprono nella parte inferiore delle absidi.

E’ di stile basilicale, triabsidata a atre navate, quella centrale è più elevata di quelle laterali, con volte a vela scandite da sottarchi; la navata centrale è sormontata da una cupola su alto tamburo, in cui si apriva una ghiera di finestre avvolta da una trina decorativa d’archi intrecciati che poggiano su due colonne di granito, su una di marmo verde antico e su una di marmo rosa. L’arco ogivale, che racchiude l’abside centrale, conserva sul cordolo i tratti superstiti del fregio in tufo nero. La particolarità della chiesa è la cupola, che non si sviluppa nell’incrocio con il transetto, ma prima presentando all’esterno archetti con piccole finestre: un tempo era illeggiadrito dall’intreccio d’archi a somiglianza di quelli ammirati sulla cupola della chiesa di Santa Maria al Gradillo. La presenza della cupola in questa posizione, cioè inserita nello schema longitudinale, è in realtà un fatto eccezionale, perché nelle altre chiese del luogo, di solito, essa si innalza sul transetto. La semplicità e l’essenzialità estetica dell’architettura, si sposa perfettamente con la bellezza di Ravello.

Le strutture architettoniche dell’impianto originario, è tipico alto medievale con soluzione geniale di adattamento alla orografia collinare, sono chiaramente leggibili e meravigliosamente restaurate.

Il campani letto a piani sovrapposti, scanditi da fasce in pietra bigia, è quello caratteristico, simile ad altri della regione, dal Duomo di Salerno a quello delle due chiese di Ravello, Santa Maria a Gradillo e della nobile San Giovanni del Toro.

LA STORIA Secondo la testimonianza di storici locali, la chiesa dedicata all’Annunziata fu fondata dai Reali di Napoli nel 1281. E’ però probabile che già da alcuni anni fosse in corso la sua costruzione, giacche nel 1277 era nominata nel testamento del ricchissimo Nicola Rufolo. Nel 1305, un altro nobile ravellese, Leone Acconciaioco, espressamente destinò fondi per costruire la strada di collegamento tra la chiesa dell’Annunziata e la chiesa di San Pietro alla Costa.

Il rettore della Chiesa era di nomina regia: nel 1323, re Roberto d’ Angiò chiamò al suo governo l’abate Giovanni Frezza. Ma nel 1393 re Carlo III di Durazzo rinunziò al diritto di nomina e lo concesse ad Antonio Fusco, per servizi da lui ricevuti. Sul finire del 1300 Ravello rimase coinvolta in una guerra per la conquista del regno di Napoli fra due partiti, uno parteggiante per Luigi II d’ Angiò, l’altro per Ladislao, figlio di Carlo III di Durazzo, sostenuto dal Papa Urbano VI. Ravello si schierò con Ladislao, che ebbe la meglio nella lotta. Lo stesso re, morto Antonio, lo concesse a suo nipote Nicola Fusco nel 1403; da quell’anno il patronato passò ai Fusco, perciò sul portone d’ingresso è posta una pregevole scultura marmorea dello stemma araldico della famiglia.

Nella sua visita pastorale iniziata il 16 settembre 1577, il vescovo Paolo Fusco, determinò la detta chiesa, che era consacrata, per lucrare il giubileo, indetto il 22 gennaio del 1576.

All’altare maggiore trovasi il quadro con l’immagine dell’Annunciazine della beata vergine Maria, “norite facta”, dallo stesso vescovo, con gli stemmi , coperto da panno di “auripelle”. Al campanile vi sono tre campane grandi.

Alla medesima sono unite due camere , che con il suo compenso sono state adibite alla Confraternita, il cui suolo venne donato dai precedenti Rettori dell’Annunziata, col consenso, altresì che si poteva tenere banca nell’atrio, quando la Confraternita faceva la festa il terzo giorno dopo Pasqua.

La Chiesa era ricchissima di marmi e icone: nel corso del secolo XVII la stessa famiglia Fusco, diffusasi per rami fuori Ravello e perso l’ amore per la terra d’ origine, molti ne sottrasse. Resta memoria, ad esempio, che nel 1691 due splendide colonne di marmo verde antico (forse simili all’ultima ancora esistente, la seconda a destra della navata centrale) furono dai Fusco donate all’arcivescovo di Napoli Giacomo Cantelmi. Nel 1721 la Chiesa subì la trasformazione barocca. Nel 1887 già soffriva di evidenti guasti, ma sull’unico altare allora esistente v’ era l’ immagine della Santissima Maria Annunziata e alcune lapidi in marmo.

Nel 1970 il regista Pier Paolo Pasolini scelse questa location per l’ambientazione di alcune scene del suo film tratto dal Decameron di Giovanni Boccaccio (seconda novella della IX giornata). Una badessa riprende una consorella ma è a sua volta ripresa per il medesimo peccato.

Nel 1981, in occasione del settimo centenario dall’edificazione, Poste Italiane ha annoverato il Complesso Monumentale dell’Annunziata nella speciale serie «Patrimonio Artistico e Culturale Italiano» con l’annullo di un francobollo.

Il restauro, che ha condotto la chiesa al suo primitivo stile romanico, fu eseguito negli anni 1982-83; da allora non più attiva per la funzione religiosa, è adibita allo svolgimento di importanti esposizioni, congressi e conferenze anche di respiro internazionale.

Il Complesso, di proprietà della Parrocchia di Santa Maria Assunta, dal 2013 al 2021 ha ospitato la sede del quotidiano online “Il Vescovado”. Quella fortunata esperienza giornalistica dal 2022 prosegue sotto il titolo del “Quotidiano della Costiera”, sempre all’Annunziata.

ANNUNZIATA NUOVA L’Oratorio dell’Annunziata fu edificato agli inizi del XV secolo, e chiamato nelle fonti documentarie “Ecclesia Nova”, per distinguerlo dall’ attigua, e più antica, chiesa omonima. La sala, coperta da volte a crociera, presentava tre altari: su quello maggiore si ammirava una pregevole pala lignea cinquecentesca in cui erano raffigurati il Padre Eterno, tra un coro di angeli e l’Annunciazione della Beata Vergine. Di sotto un lungo pezzo ligneo con le figure degli Apostoli con il Cristo. Questa icona è presente sull’altare sin dal 1577. I diversi trafugamenti avvenuti negli anni ’70 del secolo scorso hanno provocato la sparizione della maggior parte delle opere aggiunte alla pala.

Fino al 1710 l’altare maggiore era circondato da due altari laterali: quello di destra dedicato a San Giovanni Battista e l’altro ai Santi Cosma e Damiano. Lungo le pareti si disponevano bancali, i cosiddetti “bancalia magna pro sedendo”, mentre al centro era un piccolo organo. Davanti all’altare maggiore pendevano una lampada grande e sei più piccole sempre accese. Al centro della struttura dovevano esserci due pile per l’acqua benedetta, poggiate su due colonnine, datate 1587 Qui si svolgevano le attività della Congrega dell’Annunziata, probabilmente la più antica della città, documentata almeno dal 1437, anno in cui il Vescovo Lorenzo e il Reverendo Capitolo della Cattedrale donarono la quinta parte di una vigna sita in Brusara ai “Fratelli Disciplinati dell’ Annunciata”.

L’oratorio fu affidato alla Confraternita dalla nobile prosapia dei Fusco che detenevano il patronato dell’attigua chiesa. Nel 1577 la sede, governata da Francesco Furno, fu visitata da mons. Paolo Fusco (Vescovo di Ravello dal 1570 al 1578). In quella occasione furono rinvenuti 43 vesti per i confratelli “cum cappuccis et cingulis” e 28 per le esequie “pro mortuis”. La suppellettile liturgica era costituita da calici d’argento, 15 torce grandi, 220 piccole e un incensiere e un’urna cineraria. Nella chiesa si conservava una statua legnea della Vergine che si portava in processione per tutta la città, in occasione della festa dell’Annunciazione, celebrata il 25 marzo. In quel giorno di giubilo venivano solitamente distribuiti tre moggi di pane ai fedeli che prendevano parte ai sacri riti.

Nel corso di una seconda festa, celebrata in occasione della terza feria dopo Pasqua, venivano distribuiti pane, vino e uova a chi offriva elemosine e altre oblazioni. Nella festa di Sant’Andrea, invece, la Congrega offriva il vino “in porta civitatis” (doveva trattarsi presumibilmente della vicina porta di San Matteo del Pendolo). Sotto l’Oratorio erano presenti una “domus” antica che minacciava rovina e una cantina con tre botti dove si conservava il vino da dispensare. Ai confratelli era consentito l’utilizzo delle campane dell’Annunziata vecchia, essendo la congrega priva di sacri bronzi, e del vestibolo in veniva allestito un bancale utilizzato per la distribuzione delle cibarie nel giorno della festa. Sopra lal porta della Confraternita era dipinta una l’immagine della gloriosa Vergine Maria con i confratelli.

Mons. Francesco Benni de Butrio (Vescovo di Ravello dal 1603 al 1617) visitò più volte l’ “Ecclesia confraternitatis laicorum” che trovò “bene ornata e accomodata”. Successivamente il prelato ordinò all’economo della confraternita, Giovanni Angelo Fenici, di rendere conto della sua amministrazione sotto pena di “venticinque libbre di cera lavorata”, cosa che ebbe a ripetersi anche con mons. Michele Bonsi (vescovo di Ravello dal 1617 al 1623). Una lite tra Giovanni Andrea de Fusco e Ferdinando Confalone, arrivata fino alla Sacra Rota, portò invece alla sospensione delle messe e dei “divina officia” nella chiesa “vecchia”. In quella situazione di abbandono gli interventi alle campane, che rischiavano di cadere, furono sostenuti direttamente dalla Confraternita.

La città nominava due amministratori, approvati dal Vescovo, con il compito di esigere le rendite e di far celebrare due messe a settimana, come apprendiamo dalla sacra visita di mons. Bernardino Panicola (Vescovo di Ravello dal 1642 al 1666).

Nel corso del Settecento la struttura subì un ampio rimaneggiamento: le absidi laterali furono tamponate e le pareti vennero ornate nella parte superiore da un fregio pittorico mentre sotto la volta fu inserito un soffitto a cassettoni. Nel 1711 mons. Giuseppe Maria Perrimezzi (Vescovo di ravello dal 1707 al 1714) ordinò il restauro dell’antica statua lignea, cara alla devozione popolare. Purtroppo l’auspicato intervento non avvenne così, solo qualche anno più tardi, mons. Nicola Guerriero (Vescovo di Ravello dal 1718 al 1732) ordinava di prendere l’effigie scultorea, ormai deforme, e di bruciarla.

La Confraternita “in Ecclesia SS Annunciationis extra Cathedralem costituita”, che soggiaceva alla visita del vescovo e prendeva parte alle processioni e ai riti con grande devozione, è documentata anche nelle visite “ad limina” di mons. Luigi Capuano (Vescovo di Ravello dal 1694 al 1705) e di mons. Perrimezzi. Nel secondo decennio del XVIII la Confraternita si estinse e, difatti, all’epoca di mons. Antonio Maria Santoro (Vescovo di Ravello dal 1732 al 1741), la festa dell’Annunciazione, da sempre legata ai disciplinati, passò sotto il patronato della famiglia de Manso.

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